Perché agli uomini piace piangere
Why humans like to cry (Trad. Perché agli umani piace piangere). Questo è il titolo del libro pubblicato da Michael Trimble*.
Egli si interroga appunto sui motivi e sull’origine delle “lacrime emotive”. Perché gli umani sono gli unici a poter piangere? Cioè, perché gli esseri umani sono gli unici ad essersi evoluti sul piano del pianto emotivo? Perché le donne piangono più degli uomini? E perché nelle donne aumenta il bisogno di farlo in alcuni periodi quale appunto i giorni del ciclo mestruale?
Diverse dalle lacrime “basali” che servono a lubrificare l’occhio, da quelle dette “riflesse” che versiamo per espellere corpi estranei, e che sono entrambe comuni a tutte le specie animali, le lacrime cosiddette “emotive” sono, invece, una caratteristica peculiare del genere umano e, seppur prodotte dalle stesse ghiandole delle altre, presentano anche una diversa composizione, cioè più proteine, manganese, potassio ed ormoni come la prolattina e corticotropina utili nel sistema immunitario. Esse sono lacrime di flusso come risposta all’angoscia, alla tristezza, al dolore, ma sono anche il primo mezzo di comunicazione e di linguaggio. Pensiamo ad esempio ai bambini che non hanno altro modo di espressione dei loro disagi e bisogni. Sui motivi di questo tipo di evoluzione emotiva umana è stata ipotizzata “la teoria del recupero”, cioè il corpo, dopo il pianto a carattere emotivo, ritroverebbe più facilmente il suo equilibrio, bilanciando situazioni di stress. A questo proposito, ad esempio, William Frey, docente di farmacia all’Università del Minnesota, sostiene che le lacrime emotive riescono a eliminare le sostanze chimiche che aumentano durante un evento traumatico, prevenendo il rischio di infarto e favorendo quindi la sopravvivenza dell’uomo. Hanno un ruolo fondamentale nel rafforzamento dell’empatia fra gli uomini. (L’empatia è la capacità di immedesimarsi e comprendere i sentimenti degli altri). Le lacrime infatti servono a lanciare un segnale di aiuto, provocando non solo nell’altro la comprensione ma anche, quando è necessario, la diminuzione dell’aggressività. In questo senso potremmo dire che svolgono oltre ad un ruolo fisiologico anche un ruolo sociale, come punto di legame con altri essere umani. Infatti a differenza delle lingue, le emozioni sono il linguaggio universalmente conosciuto per comunicare e le lacrime diventano il mezzo per esternarle quando è più difficile esprimersi, cioè quando ci troviamo in quella particolare condizione che definiamo “groppo in gola”. Sono il linguaggio inedito e valido, presente in ogni cultura ed espressione di quel legame fra occhio e cervello che gli uomini hanno costruito nel loro processo evolutivo. In alcuni casi il messaggio codificato in esse può sintetizzarsi anche in un “alto là, non avvicinarti”. E’ stato dimostrato, infatti, che le lacrime delle donne presentano delle sostanze in grado di ridurre l’eccitazione sessuale nei maschi e la produzione di testosterone, ormone responsabile del desiderio e dell’aggressività. Questo spiega perché le donne siano più inclini al pianto durante i giorni del ciclo, cioè quando non sono fertili, e perché ricorrano al pianto per respingere istintivamente eventuali approcci sessuali.
*Professore Emerito di Neurologia Comportamentale all’Istituto di Neurologia di Londra