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Il piacere della musica

Il piacere della musica

E’ nota ed antropologicamente dimostrata la presenza e l’importanza che la musica ha avuto nell’evoluzione dell’uomo dall’epoca della preistoria sino ai nostri giorni. All’origine come sola voce, poi come suono derivato dal battere e dal soffiare in strumenti rudimentali, e infine nella forma polifonica e raffinata della contemporaneità, la musica ha sempre accompagnato le varie fasi della vita dell’uomo. Ad esempio nei riti di passaggio da uno status all’altro come il raggiungimento dell’età adulta, dello stato di guerriero o cacciatore o in quelli propiziatori eseguiti prima di una guerra, di un corteggiamento, di un rito funebre, della coltivazione del terreno o nell’invocazione degli spiriti e nei riti di guarigione. Ma anche nella sfera ludica ed emotiva che ha avuto sempre nei secoli. La musica è capace di rilassare, di far gioire, di commuovere, di rendere più facile la comunicazione fra le persone, di stimolare sensi ed emozioni. Ascoltare musica è indubbiamente uno dei piaceri della vita. Ma dal punto di vista scientifico ci si è chiesto: “Come fa il cervello a cifrare e regolamentare il piacere che si prova all’ascolto di un brano musicale?”.
Due distinte ricerche hanno indagato sugli aspetti cerebrali del piacere che generalmente si prova all’ascolto della musica. Il primo studio, svolto da Valorie N. Salimpoor ed altri studiosi del Montreal Neurological Institute dalla McGill University, ha dimostrato come un brano musicale riesce a suscitare piacere già quando lo si ascolta per la prima volta. Il motivo lo ritroviamo nell’attivazione di alcune aree cerebrali che sono legate ai meccanismi di aspettativa e ricompensa. 
L’esperimento di Salimpor consisteva nel far ascoltare per la prima volta alcuni brani musicali a delle persone a cui poi è stata data l’opportunità, partecipando ad una sorta di asta, di fare un’offerta per riascoltare un determinato brano. I ricercatori hanno avuto, così, la possibilità di valutare il grado di piacere evocato dalla musica. E non solo questo: hanno addirittura potuto prevedere le loro scelte analizzando i loro processi neurali. 
Gli sperimentatori hanno visualizzato una particolare area cerebrale, il nucleus accumbens,che si attiva ogni volta che è coinvolta nei meccanismi di ricompensa; in questo modo hanno potuto prevedere se i soggetti partecipanti all’asta avrebbero offerto del denaro per riascoltare un dato brano. Infatti quando sentiamo per la prima volta un brano che ci piace e sappiamo che, pagando, possiamo riascoltarlo, quest’area cerebrale si attiva perché aspetta una ricompensa all’opportunità di riprovare piacere. Vengono cioè attivati meccanismi di aspettativa e di anticipazione di uno stimolo che si desidera. Quando invece si tratta di un brano già conosciuto, il meccanismo di aspettativa viene attivato dall’anticipazione mentale dei passaggi musicali che preferiamo, cioè dal desiderio di ascoltare ciò che ci piace e che già conosciamo. La ricerca di Salimpoor e dei suoi colleghi ha potuto, però, sottolineare, attraverso la risonanza magnetica, che le aree attivate e la mediazione della dopomina erano le stesse sia con musica conosciuta che non. La causa di tutto ciò è, secondo i ricercatori, in una “conoscenza implicita” della musica, cioè nell’interiorizzazione di una struttura della musica legata ad una certa cultura. Infatti l’attività dell’area cerebrale interessata si intreccia con la corteccia uditiva che contiene e memorizza tutte le informazioni sui suoni e sulla musica. I test di ricerca hanno dimostrato che il livello di piacere era più alto là dove, tra le due aree cerebrali, c’era una maggiore comunicazione incrociata. Ciò significa che il piacere dell’ascolto della musica non è legato solo ad aspetti emotivi ma anche a quelli cognitivi. 
L’altro studio, condotto da Vinod Menon ed altri ricercatori della Stanford University School of Medicine, ha dimostrato, invece, che l’ascolto della musica classica attiva le stesse aree cerebrali senza tener conto delle differenze tra persone. Infatti è stato visto che all’ascolto della musica classica, le attività cerebrali erano le stesse in tutti i soggetti, e che venivano attivate in modo simile anche tutte le attività della corteccia fronto-parietale, cioè anche quelle coinvolte nella pianificazione del movimento, della memoria e dell’attenzione.
In special modo si attivavano in modo simile anche i centri di pianificazione motoria con le tendenza spontanea ad accompagnare l’ascolto della musica con gli stessi movimenti del corpo, come avviene nella danza ad esempio, o nel battere le mani per seguire il tempo. Tutto ciò però non accadeva nell’ascolto di brani di pseudo musica, cioè di quei brani che erano stati volutamente alterati.

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